venerdì 18 ottobre 2013

Il gioco d’azzardo, terza industria per fatturato del Paese

Sarebbero almeno  10mila in Emilia-Romagna i giocatori ad alto rischio di dipendenza, con oltre 800 persone seguite dai SerT (Servizi per le dipendenze patologiche delle Aziende Usl). Questi dati, di fonte CNR e IPSAD, sono stati diffusi lo scorso maggio nell’incontro col quale la Regione Emilia-Romagna ha accolto l’invito dell’ANCI e combattere questa piaga sociale. ANCI e LEGAUTONOMIE dell’Emilia-Romagna hanno recentemente dato vita al Coordinamento Regionale degli Amministratori dell’Emilia-Romagna per contrastare il gioco d’azzardo. Nell’ambito di tale impegno si rinnova l’invito ai Comuni ad aderire al Manifesto dei Sindaci contro il gioco d’azzardo. Va detto però che, a tutt’oggi, tale invito è stato abbastanza snobbato da moltissimi sindaci. Secondo quanto pubblica il sito http://www.scuoladellebuonepratiche.it/, in Emilia-Romagna sono ancora pochissimi i sindaci che hanno firmato il manifesto, e nel territorio della provincia sud di Bologna si contano sulle punte delle dita: Sasso Marconi, Bazzano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Castelguelfo e Castel S.Pietro Terme. Non hanno ancora aderito né Bologna, né alcuno dei comuni delle Cinque Valli, come neppure del Medio e Alto Reno. E’ noto del resto che moltissimi apparecchi sono installati in locali pubblici che, avendo poco giro d’affari, sopravvivono grazie agli incassi delle giocate, alimentando però i fenomeni di dipendenza.
Nel frattempo la Regione Emilia-Romagna, in attesa che dal Governo arrivi una legge capace di regolamentare, arginare, e se possibile ridurre la proliferazione di giochi d’azzardo di ogni tipo, si è dotata, unica in Italia, di una Legge regionale, la n. 5 del 4 luglio 2013, che prova a contrastare il fenomeno. Nell’ambito delle sue limitate prerogative, la Regione ha stabilito che i Comuni possono dettare previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione, alle strutture e alle dimensioni delle sale da gioco. Un articolo della legge prevede che il personale operante nelle sale da gioco sia tenuto a frequentare corsi di formazione predisposti dalle AUSL sui rischi del gioco patologico e sulla rete di sostegno. Inoltre, all'interno delle sale da gioco, i gestori sono tenuti ad esporre: un test di verifica, predisposto dalla Ausl competente per territorio, per una rapida autovalutazione del rischio di dipendenza, e i depliant informativi riguardo la disponibilità dei servizi di assistenza. L'inosservanza delle disposizioni è punita con sanzioni amministrative da 6.000 a 10.000 euro applicate dall'Ausl territorialmente competente.  I proventi sono destinati al finanziamento dei piani di zona di ambito distrettuale.  Infine, la legge ha istituito il marchio regionale "Slot freE-R", che viene rilasciato dalla Regione agli esercenti di esercizi commerciali e ai gestori dei circoli privati che scelgono di non installare nel proprio esercizio le apparecchiature per il gioco d'azzardo. Ai  Comuni viene invece raccomandato di istituire un pubblico elenco degli esercizi in possesso del marchio "Slot freE-R".
Ma se i comuni non deliberano le limitazioni previste dalla legge, non ne accolgono le raccomandazioni, specie sulla localizzazione delle sale e nell’istituzione dell’Albo "Slot freE-R", anche la legge è inutile.

Secondo un documento prodotto l’anno scorso dalla XII Commissione Affari Sociali della Camera, il fatturato totale del gioco d’azzardo nel 2011 ha sfiorato gli 80 miliardi di euro, dai quali lo Stato ha guadagnato 8,8 miliardi. La spesa annua pro-capite è impressionante, 1.200 euro, con circa 2 milioni di persone, su 30 milioni dedite abitualmente al gioco d’azzardo, a rischio dipendenza. Se la stima dei tossicodipendenti è di 393.000 persone, quella fatta per i dipendenti cronici del gioco è pari almeno al doppio, secondo dati forniti dall’Associazione Libera di Don Ciotti. Infine circa 400.000 sono gli apparecchi censiti nei bar e nelle sale giochi in tutta Italia. A trainare il settore dei giochi sarebbero stati, nel 2011, le Newslot e le Vlt (Video lottery terminal), che da sole avrebbero incassato 41,6 miliardi, pari al 54,4%, seguite a distanza da Lotto e Lotteria, con 19,4 miliardi di euro, pari al 25,3% del totale. Il gioco d’azzardo è ormai diventata la terza industria italiana per fatturato e ha ormai raggiunto costi altissimi e insopportabili perché sta rovinando migliaia di famiglie, senza considerare i numerosi suicidi. La dipendenza di molte persone è aumentata, persino per il gioco online, a causa della crisi economica. Molte famiglie povere tentano la fortuna giocando per disperazione e si impoveriscono sempre di più. Da anni è emerso che anche dietro il gioco legale è coinvolta la criminalità organizzata, con la mafia in prima fila. 

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