Proliferano le liste civiche e si collocano sempre meno
nell’area di questo o quel partito. A Castiglione dei Pepoli come a Monzuno, a San
Benedetto Val di Sambro come a Lizzano in Belvedere, a Loiano come a Marzabotto,
faticano i partiti (parliamo del PD, quello più radicato da sempre) ad essere
presi come riferimento dalle liste che andranno alle comunali di maggio. Ed
anche il M5S non è da meno, come si è visto a Monterenzio, dove due correnti
interne al movimento si sono disputate la certificazione ma solo una delle due
correrà alle elezioni. Il fenomeno interessa pure il centrodestra, più spaccato
che mai tra berlusconiani ed ex e per questo meno attento alle governance locali.
Cresce la disaffezione dei cittadini dai partiti (non dalla
politica, come pensa qualcuno) e cresce in proporzione la distanza tra
candidati sindaci e partiti. Questo dato
caratterizzerà le prossime elezioni comunali, non solo nei nostri comuni
ma in tutta Italia, amplificando una tendenza che è in corso da anni e sembra
inarrestabile.
I partiti hanno sempre meno la capacità di imbrigliare chi
si mette in politica, sia esso candidato sindaco o parlamentare, e non hanno
più l’autorità per condizionarne le scelte e i comportamenti. Lo si vede nel
dibattito interno ai singoli partiti e movimenti (M5S compreso), e lo si vedrà
ancor più chiaramente nello svolgimento delle campagne elettorali alle prossime
comunali. Ognuno vuol pensare e decidere con la
propria testa, indipendentemente che sia iscritto, militante o più o
meno schierato col PD (ormai un tripartito che fa capo a Renzi, Civati &
Cuperlo) anzichè con l’ex PdL (bipartito che oggi fa capo a Berlusconi e
Alfano+Casini) o con SEL (bipartito che riunisce favorevoli e contrari ad
alleanze col PD).
Da un lato, assistiamo ad un ampio riposizionamento delle
forze in campo, conseguenza dell’accordo di riforma elettorale Berlusconi-Renzi
che punta a eliminare i partitini per fare massa critica attorno ai due leader
e reggere meglio all’urto dei “Grillini”. Dall’altra parte vediamo che i
partiti sopravvivono solo come eserciti di soldati provvisori, singoli
combattenti che poco si identificano nella guerra combattuta da ciascun
partito. Tra gli esempi che rafforzano questa tesi sono innumerevoli, e non
staremo a perdere tempo per ricordarli. Ormai il livello di sfiducia nella
capacità dei partiti di giustificare la propria esistenza grazie a principi e
obiettivi saldamente condivisi è dilagante. Se prima a prendere le distanze
erano semplici cittadini, in disaccordo con una o più scelte del proprio
partito di riferimento, oggi la tendenza si è estesa sia agli eletti che ai
candidati. Mentre la polemica è aperta e i “distinguo” verso il partito di appartenenza sono un fatto
normale, tra gli iscritti e i militanti prevalgono personalismi e ricerca di un
consenso dal basso anzichè dall’alto. “Non devi votarmi perché sono interprete
della linea del mio partito, ma perché ho il coraggio di andargli contro”:
potrebbe essere il manifesto politico di molti candidati di questo 2014, che
ricorderemo come l’anno della “sfiducia totale nei partiti in Italia”.
Tutto questo, tornando alle comunali del prossimo maggio, si
traduce in un proliferare di Liste Civiche, ciascuna delle quali si fa vanto di
non obbedire agli ordini di nessun partito. La tendenza è solo leggermente
attenuata nelle città e nei comuni più grossi, dove ancora i partiti conservano
un residuo della propria capacità di convogliare i voti degli elettori verso un
candidato da loro espresso.
Ma quando si scende sotto i 15.000 abitanti le sigle dei
vari partiti perdono qualunque valore e tutta l’attenzione degli elettori si
concentra sulle persone dei candidati, sulla loro capacità di far breccia nel
sentimento comune dei residenti e, non ultimo aspetto, sulla dichiarata autonomia
dai partiti, compreso quello di appartenenza. Questo fenomeno è forse la
conseguenza della mancanza, sulla scena nazionale, di veri leader. O del fatto
che ce ne sono troppi, uno per ogni corrente.
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