Il Tribunale di Bologna ha accolto la richiesta del Gruppo
Helvetia per ciò che riguarda la sottoscrizione del contratto di concessione
delle acque termali da parte del concessionario Terme di Porretta secondo lo
schema approvato dalla delibera 89/06 della Provincia di Bologna.
L'ordinanza del Tribunale di Bologna, datata 4 giugno 2013,
"ordina" alla società delle Terme di Porretta di sottoscrivere il
contratto di somministrazione con Helvetia, riconoscendo che sia un vero e
proprio "obbligo" giuridico a carico della Società concessionaria.
Società della Terme, come chiarisce l’ordinanza, aveva “contestato la
legittimazione di Helvetia a pretendere la fornitura di acqua termale, in
quanto la ricorrente non era autorizzata ad operare come stabilimento termale”.
Ma Helvetia, sottolinea l’ordinanza, “ha ottenuto in corso di causa
l’autorizzazione”. Pertanto “non si ravvisano altri impedimenti alla
sottoscrizione del contratto”.
Viene altresì riconosciuto l'esistenza di un
"pregiudizio irreparabile" per l'Helvetia, in caso di mancata
somministrazione di acqua termale, che "non consentirebbe lo sviluppo dei
programmi imprenditoriali già avviati".
Al di là della legittima soddisfazione espressa da Gianluca
Pavanello a nome del Gruppo Helvetia, l’ordinanza del Tribunale non sembra
aggiungere nessun elemento di novità nel contenzioso aperto tra le parti.
Infatti non risulta essere mai stata
interrotta, da parte della società Terme di Porretta, la somministrazione dell’acqua
termale. Sempre da quanto risulta, è stata negata la volontà di prorogare il
vecchio contratto di somministrazione a condizioni ritenute non congrue. Ma su
questo punto è probabile che Helvetia abbia qualcosa da dire. Il vero nodo, sul
quale la sentenza non dice nulla, era e rimane quello del prezzo della
somministrazione. Richiamando l’applicazione “dello schema approvato dalla
delibera 89/06 della Provincia di Bologna”, la sentenza mette il dito nella
piaga, cioè l’indeterminatezza della delibera e della stessa legge regionale
32/88. Ecco che cosa stabilisce lo schema tipo all’articolo 2:
“Prezzo massimo
Il somministrato corrisponde al somministrante un prezzo per
la risorsa somministrata non superiore ai costi diretti e indiretti sostenuti
per la somministrazione (comprensivi degli ammortamenti, oneri finanziari,
imposte, costi per lo sviluppo e promozione del marchio, essendo questi ultimi
pari ai relativi costi degli ultimi 5 anni annualizzati), maggiorati di una
percentuale di utile per il somministrante pari al 13 %.
Qualora la
somministrazione della risorsa richieda la realizzazione di opere aggiuntive,
rispetto a quelle necessarie per il normale esercizio della concessione, il
costo di tali opere è a integrale carico del somministrato.
Qualora sia necessario ripristinare l’idoneità
della risorsa, anche in seguito a
contaminazioni, i costi di ripristino, sostenuti dal somministrante,
sono a carico del somministrato in misura proporzionale alla quantità di
risorsa somministrata.
Qualora i
somministrati siano più di uno, i costi di somministrazione, per la
determinazione del prezzo massimo di cessione a ciascun somministrato, sono
ripartiti tra i somministrati, in proporzione alle quantità di risorsa di cui i
contratti prevedono la somministrazione”.
Come si può vedere, lo schema tipo stabilisce con chiarezza
solo che tutti i costi, diretti e indiretti, sostenuti dal somministrante,
possono essere aumentati del 13%. Ma non dice nulla di preciso su come debbano
essere documentati e rendicontati tali costi, se non che il totale deve risultare
dagli ultimi 5 anni e poi annualizzato. Sarebbe sufficiente dimostrare che, ad
es. per lo sviluppo e la promozione del marchio della risorsa somministrata, è
stato speso un certo importo, per fare lievitare il prezzo finale imposto ai
somministranti. Oppure che il laboratorio di analisi per garantire la purezza e
igienicità della risorsa acqua termale ha dovuto affrontare spese
straordinarie, etc.
Questo per dire che il problema, al di là del contenzioso
ormai superato tra due concorrenti, interessati entrambi ad acquisire clientela
nel turismo termale, ciascuno a scapito dell’altro, resta aperto sul vero
contenzioso, che è quello legato alla
determinazione del prezzo della somministrazione. Dai costi sostenuti dal concessionario, ovviamente documentati, dipende la determinazione del prezzo
finale ai somministrati. A meno che non siano meglio definiti e quindi
modificati lo schema-tipo del contratto (l’art. 7 prevede espressamente
l’obbligo di cambiare il prezzo se la Provincia dovesse cambiare lo schema tipo) o la
stessa legge regionale cui lo schema tipo si ispira. E l’occasione potrebbe
esserci nel momento in cui, per la soppressione della Provincia attesa il
prossimo 1 gennaio 2014 salvo proroghe, la
Regione richiamerà a sé la delega per darla alla Città
Metropolitana o, previo provvedimento apposito, al Comune di Porretta Terme o ad altra istituzione appositamente creata.
Infine resta da vedere se l’istituzione che subentrerà alla
Provincia di Bologna deciderà di entrare nella compagine azionaria del
concessionario. La Provincia
di Parma, diversamente da quella di Bologna che si limita a concedere le
concessioni, ha nella Società delle terme di Salsomaggiore e di Tabiano Spa una
partecipazione del 15,62%, per un valore nominale delle azioni pari a €
3.999.105,00. Lo stesso vale per la Provincia di
Forlì-Cesena, che detiene il 10,20% del capitale delle Terme di Castrocaro ed
il 20,70% delle Terme di S.Agnese.
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