Usciamo per una volta dall'ambito del territorio per segnalare una vicenda che merita di essere conosciuta.
Qualcuno forse ricorda la storia di Amina Tyler, la studentessa tunisina
vittima di una fatwa per essersi arruolata nel movimento delle
"Femen"... Dal sito di Articolo 21 (www.articolo21.org)
riportiamo questo articolo di Pino Scaccia.
“I predicatori musulmani avevano invocato la lapidazione per
blasfemia dopo che si era mostrata a seno nudo rivendicando la proprietà del
proprio corpo. Per giorni di lei non si è saputo nulla. Ora sappiamo dov'è
grazie alle informazioni che ci sono giunte confidenzialmente da Tunisi. Questo
è il messaggio: «Amina internata nell'ospedale psichiatrico Razi Mannouba della
capitale. Non c'è più il pericolo della lapidazione, ma è stata dichiarata
pazza per il gesto inconsulto fatto in un Paese islamico.
Da paura il metodo
che ad oggi adottano: elettro shock. Molti entrano per nulla ed escono folli
per la vita. Un medico mio amico sta tentando di saperne di più ma è molto
difficile. Peccato davvero. Se ci sono novità, ti faccio sapere».
Sembra che sia stata la stessa famiglia della ragazza, che
ha solo diciannove anni, a consegnarla alla polizia. Scongiurato il rischio
della morte, l'attende ora un destino forse ancora peggiore: diventare pazza.
E' la legge scellerata di tutti i regimi. Gli oppositori o comunque i nemici si
uccidono oppure si dichiarano folli perché secondo la perversa tesi
dell'estremismo da sana non avrebbe mai potuto commettere un atto simile.
Sicuramente, più che per la foto, la condanna è arrivata per quello che ha
postato su Facebook: «Il mio corpo mi appartiene e non è di nessuno» scritto in
arabo sul suo corpo nudo.
Del resto gli Imam salafiti al termine di un processo
religioso che in un Paese dove vige la sharia ha tutti i connotati
anche legali avevano chiesto nell'ordine: la quarantena (trattandosi a loro
dire di una malattia che potrebbe divenire epidemia e quindi potenzialmente
coinvolgere altre ragazze), la fustigazione (dieci frustate alla schiena,
magari in pubblico, per dare l'esempio) e infine la lapidazione: "finché
morte non sopraggiunga". Già, una malattia. Il morbo della libertà:
pericolosissimo.
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