sabato 8 febbraio 2014

Carisbo, azionista di Bankitalia, aumenta la patrimonializzazione

Grazie al decreto passato il 29 gennaio, cresce di 48mila volte il valore del 6% di quota
di capitale di Bankitalia, passato da 10mila a 450 milioni di euro. Toccasana per i conti

Passa la conversione in legge del D.L. 133/2013 e Carisbo può festeggiare. Il suo 6% di quote del capitale di Bankitalia, che valeva fino a ieri meno di una Panda usata, si è infatti rivalutato, grazie alla conversione in legge del decreto, di ben 643 volte, ed oggi vale 450 milioni. Tanto più che Carisbo fa parte del gruppo leader in Italia Intesa Sanpaolo, che è in assoluto il gruppo più beneficato dal decreto noto  come “Bankitalia-IMU”, quello che i suoi detrattori hanno bollato come “decreto-porcata”. Intesa possiede, da sola, oltre il 30% del capitale di Bankitalia, che arriva al 42,5% sommando le quote delle controllate come Carisbo. Questo 30%, se prima valeva una miseria, neanche 50mila euro, ora vale circa 2,4 miliardi, niente male...
La banca bolognese  ha chiuso il bilancio 2012 con un passivo (pari all’attivo) di 10,5 miliardi, cioè circa 15 volte il suo capitale, che è di 700 milioni di euro.
Di questi 10,5 miliardi, 1,22 miliardi sono i crediti “deteriorati”, in crescita di 397 milioni rispetto al 2011. I soli crediti deteriorati (cioè difficilmente esigibili) rappresentano il 12,8% dei crediti verso la clientela, e sono cresciuti dell’8,9% rispetto al 2011. Questo dato si amplifica al livello di gruppo Intesa, al punto che il consigliere delegato Messina sta pensando ad una “bad bank” in cui far confluire i 55 miliardi di crediti in sofferenza che pesano sui conti del gruppo. E’ noto che il parametro che veramente conta per le banche è oggi il “patrimonio di vigilanza”, che per Carisbo è pari a 785 milioni nel 2012, calato di 38 milioni rispetto al 2011, quando era di 823 milioni. E’ infatti da questo valore che dipende la capacità di erogare prestiti, ed anche dal coefficiente di solvibilità, che nel 2012 è sceso al 18,5% dal 18,7% del 2011. In realtà questi rapporti non sono tra i peggiori nel variegato mondo bancario, che dal 2008 in poi ha visto crescere le sofferenze in modo esponenziale. Anzi Carisbo è una delle banche a vocazione territoriale tra quelle messe meglio, battuta forse solo dalle piccole banche territoriali, popolari e BCC, in assoluto le più sane.
La novità è dunque che da pochi giorni Carisbo, quarta azionista della Banca d’Italia col 6% delle quote, la sera del 29 gennaio scorso è diventata improvvisamente una banca meno indebitata e piena di prospettive. Le sue 18.000 azioni che costituiscono il  6% di capitale della Banca d’Italia, che prima della conversione del “decreto Bankitalia” valeva meno di 10mila euro, con l’approvazione del decreto ha visto schizzare il suo valore a 450 milioni di  euro. Com’è possibile? E’ possibile perché il capitale di Bankitalia, fermo dal 1936 a 300 milioni di lire, pari a 156.000 euro, in virtù del decreto approvato a fine gennaio è stato rivalutato di 48mila volte ed ora vale 7,5 miliardi. Dunque oggi il 6% in mano a Carisbo, che prima era irrilevante nei bilanci della banca, ora vale da solo più della metà del suo capitale sociale. Ma non solo. Lo stesso decreto, che ha rivalutato il capitale di Bankitalia come abbiamo detto, stabilisce che nessuna banca potrà possedere da ora in avanti più del 3% di quote. Quindi Carisbo dovrà mettere in vendita circa la metà del 6% in suo possesso, e dovrà farlo entro 3 anni. Se la vendita dovesse andare a buon fine - non è chiaro chi potrà fare simili acquisti, essendo vietato a banche estere di entrare nella compagine azionaria di Bankitalia, ma tant’è… - Carisbo incasserebbe 225 milioni di euro circa, sui quali pagherà allo Stato le plusvalenze, su cui grava un’imposta sostitutiva (che lo Stato incasserà) fissata al 12%. Ma ciò che più conta è che il valore delle quote potrà essere inserito nel capitale di vigilanza, che è quello che, secondo gli accordi di Basilea, determina la capacità di una banca di erogare crediti. Secondo il Ministero dell’Economia, proprio grazie alla tassazione delle plusvalenze dovute alla vendita della parte eccedente il 3% delle quote possedute dalle banche, entreranno nelle casse dello Stato 1,5 miliardi, quelli che servono a tappare la falla dell’IMU.
Nei primi giorni di febbraio ha tenuto banco, sui giornali e in televisione, la bagarre scatenata dai parlamentari M5S la sera del 29 gennaio in Parlamento. Assieme ad altre forze, tra cui SEL e  Fratelli d’Italia, si erano iscritti a parlare in 173 per bloccare il provvedimento, che furbescamente lega il “regalo” di 7,5 miliardi alle banche alla necessità di trovare copertura all’IMU. Il decreto legge 133 del 30 novembre 2013 presentato in aula il 29 gennaio, ultimo giorno utile per la sua conversione in legge, darebbe  copertura all’IMU (1,5 miliardi) attraverso la tassazione delle plusvalenze realizzate dalle banche proprietarie del capitale di Bankitalia. Per non  penalizzare gli italiani, che rischiavano di dover pagare per intero la seconda rata dell’IMU sulla prima casa, M5S aveva proposto di votare un DdL che bloccava la tassa in attesa di trovare poi la copertura finanziaria. Assieme a SEL si era quindi dichiarato contrario alla rivalutazione di Bankitalia, gridando “No al regalo di 7,5 miliardi alle banche”, e alla fine il provvedimento è passato con appena una trentina di voti a favore, segno che anche tra le forze di maggioranza molti parlamentari non l’hanno votato.

Secondo il Ministro Saccomanni e il PD, la legge che ricapitalizza Bankitalia è un toccasana per l’economia, una specie di “genialata” all’italiana che dovrebbe mettere le banche nuovamente in condizione di erogare crediti a imprese e famiglie. Se sarà così (ce lo auguriamo) ci vorrà comunque qualche mese prima che siano realizzate le plusvalenze, cioè prima che le banche azioniste di Bankitalia riescano a collocare sul mercato la parte eccedente il 3%. Se la Bundesbank ha protestato vibratamente (“la creatività italiana ne combina un’altra delle sue” è stato il commento), da parte della BCE è invece arrivato il via libera, ed il Governo è stato velocissimo a varare il Decreto, poi approvato. Resta ora da vedere se ci saranno compratori sulla piazza. L’altro aspetto, assai criticato da economisti anche insigni, come Tito Boeri de La Voce.Info, dal gruppo del Keynes Blog e da altri, è che non tutto il sistema bancario godrà dell’agevolazione, ma solo la compagine di circa 50 banche, più l’INPS, l’INAIL e qualche assicurazione, che detengono il 100% del capitale di Bankitalia. Tutte le altre banche resteranno a bocca asciutta e questo potrebbe costituire una turbativa del mercato. Infine la BCE ha obbligato lo Stato italiano a ripianare i 7,5 miliardi che Bankitalia dovrà prelevare dalle sue riserve. Non sono invece state intaccate le riserve in oro, pari a 100 miliardi.  

1 commento:

marco ha detto...

una sorta di alitalia 2.Complimenti