Oltre una decina sono stati ieri i consiglieri regionali intervenuti
dai banchi di tutti i gruppi assembleari, nel dibattito sulla fusione di cinque
Comuni della Val Samoggia e la successiva istituzione di un nuovo comune unico.
Mentre la maggioranza si è trovata
compatta a favore della fusione, con l’eccezione di Gian Guido Naldi
(Sel-Verdi), la minoranza si è schierata per la bocciatura del progetto di
legge. “La Regione
non sta agendo di sua iniziativa ma a sostegno della volontà liberamente
espressa a maggioranza qualificata dai Consigli comunali”, ha
spiegato Antonio Mumolo (Pd) nella sua relazione di maggioranza,
ricostruendo i passaggi di quello che ha definito un ‘atto dovuto’. “Certo - ha
ammesso - c’è stata una lunga riflessione dopo l’esito del referendum, poiché
in due Comuni la maggioranza dei cittadini si è dichiarata contraria alla
fusione, ma dopo le nuove prese di posizione dei Consigli comunali, del
Consiglio provinciale di Bologna,
dei partiti a livello territoriale e di
quelli che ci hanno chiesto di andare avanti, riteniamo che quella della
fusione sia la scelta giusta, una scelta peraltro resa ormai
indispensabile - ha ribadito - anche dalla contrazione delle risorse
economiche che gli Enti locali si trovano ad affrontare”. La fusione, dunque,
“come l’unica strada veramente efficace per ovviare alla riduzione dei costi di
funzionamento delle istituzioni locali”, ha detto Mumolo, una grande
opportunità di rilancio, che farà risparmiare il 10% (2,6 milioni di euro
all'anno) del costo complessivo della pubblica amministrazione. E ancora, “un
processo che porterà nelle casse del nuovo Comune 18 milioni di euro in dieci
anni, trasferimenti statali e regionali, denaro che servirà a garantire i
servizi per i cittadini”.
“Escludete Bazzano e Savigno dal processo di fusione e
voteremo il progetto di legge”, ha replicato Galezzo Bignami
(Pdl), relatore di minoranza, che ha subito formalizzato una richiesta di
sospensiva (poi bocciata dall’Aula con i voti della maggioranza, astenuto
Sel-Verdi) per fermare l’iter di approvazione di un testo normativo che ha
definito “traballante”. Molte le critiche avanzate dal consigliere rispetto
alla volontà della maggioranza di andare avanti con la fusione per una ragione,
a suo avviso, “tutta politica”, nonostante dal referendum due Comuni su cinque
abbiano detto di no: “Un sopruso alla volontà democratica”, ha detto,
ricordando come il capogruppo del Pd in Regione prima del referendum avesse
assicurato una valutazione degli esiti del voto sia quantitativa che
qualitativa. “Questo provvedimento si poteva far decadere - ha concluso -
per poi dedicare una corsia preferenziale ad un nuovo progetto di legge che
tenesse conto della volontà dei territori”. Bignami ha anche annunciato alcuni
emendamenti che in coerenza con la volontà di non sottrarsi al confronto
intendono comunque migliorare un testo appunto “traballante”. In proposito,
Bignami ha anche sollevato dubbi sulla legittimità di inserire in legge un
impegno di spesa per i prossimi 15 anni a favore del nuovo Comune, un
provvedimento a suo giudizio “inammissibile”.
“Era facile prevedere la forzatura della maggioranza di
centro-sinistra nei confronti dei Comuni che non avrebbero scelto la fusione”,
ha dettoAlberto Vecchi (Pdl). “I cittadini sono stati ingannati, lo
strettissimo margine del risultato complessivo è stato deciso dalla frazione di
Calcara (Crespellano), viene calpestata la volontà maggioritaria dei cittadini
di Savigno e Bazzano. È solo l’ennesima forzatura, dopo le tante già avvenute:
si è inviato un opuscolo della Giunta ai residenti prima ancora che venisse
convocato il referendum, e si è fatto coincidere quel voto consultivo con le
primarie del Pd”.
Secondo Manes Bernardini (Lega nord), “stiamo
assistendo a un mancato rispetto delle istituzioni e dei cittadini del
territorio interessato”. La Lega
non si era schierata né con il ‘sì’ né con il ‘no’, aveva solo auspicato che
fossero i cittadini a decidere. “Invece, la Giunta , con la complicità della maggioranza
dell’Assemblea, ha giocato sporco, precostituito l’esito, deciso a prescindere
dal voto nel referendum. Tutto nasce dall’impegno diretto del segretario
provinciale del Pd, che si è giocato la reputazione sulla fusione. Ma senza il
consenso dei cittadini interessati non si producono fusioni positive, solo
camicie di forza, che non mancheranno di manifestare danni e problemi”.
Da Paola Marani (Pd) è venuta un’affermazione di
continuità con le scelte più volte approvate dall’Assemblea regionale. “Alla
politica - ha sottolineato - si chiede innanzitutto coerenza: tutti concordano
sulla necessità di riorganizzare il sistema istituzionale per renderlo più
efficiente e meno costoso. Le fusioni dei Comuni sono parte essenziale di
questa prospettiva, in una Regione in cui 301 dei 348 Comuni già oggi
partecipano ad ambiti sovracomunali”. In Valsamoggia, la proposta di fusione è
partita dai 5 Comuni interessati e “lo studio di fattibilità descrive chiaramente
il valore aggiunto della cosiddetta disomogeneità territoriale, le risorse
aggiuntive che si rendono disponibili, quali saranno le sedi dei servizi e le
competenze del nuovo Comune e delle 5 municipalità”.
Per Andrea Defranceschi (Mov5stelle) si tratta del
progetto di legge “peggio gestito di questa legislatura regionale. Gestito male
in Regione, con una serie di forzature finalizzate a costruire consenso, e
ancora peggio nei cinque Comuni interessati. Quanto allo studio di fattibilità,
proprio l’esito del voto dimostra che era inadeguato a dare risposte
convincenti alle domande dei cittadini”. Non a caso, “tanti si sono
disinteressati alla consultazione, avvertendo che le decisioni sarebbero state
prese ad altri livelli. In definitiva, questa fusione pilotata - in realtà
un’annessione dei due Comuni dove sono prevalsi i ‘no’ - finirà per danneggiare
altre possibili fusioni, che pure sarebbero necessarie per tutti i Comuni sotto
i 5.000 abitanti”.
Penso - ha detto Gian Guido Naldi (Sel-Verdi) - che
questa sera in Val Samoggia non ci sarà alcuna festa popolare, mentre forse “i
sindaci tireranno un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo”. Un po’ poco
per quello che è stato rappresentato come un progetto “ideale”, foriero di una
“grande trasformazione”. Ma tutte le grandi trasformazioni - ha aggiunto -
dovrebbero essere supportate da un “grande ideale” e da una partecipazione
popolare, che qui non ci sono stati. Naldi si è dichiarato quindi consapevole
della responsabilità che si assume nell’esprimere un parere contrario alla
fusione, ma dietro questa decisione ci sono ragioni ben ponderate.
Per Sandro Mandini (Idv) ogni processo
partecipativo è migliorabile, ma è innegabile - ha sottolineato - che nei
Comuni interessati “ci sia stato un processo partecipativo, con discussioni e
momenti di confronto prima del referendum. Quella parte di cittadini che ha
disertato le urne non deve quindi essere l’argomento su cui si incentra la
discussione: in democrazia la maggioranza vince, analizzare ciò che è accaduto,
quindi, può aiutare a trovare correzioni, ma non significa bloccare il processo
e tornare indietro. La sfida vera sarà quando verrà scritto lo statuto del
nuovo Comune: sarà quello il momento in cui il processo partecipativo sarà
incisivo”.
Pur essendo favorevoli ai processi di fusione, “avanziamo
perplessità rispetto a quella di questi cinque Comuni”. Lo ha
dichiarato Marco Lombardi(Pdl), aggiungendo che la maggioranza “dovrà
assumersi la responsabilità di quello che fa, mentre alla minoranza spetterà il
compito di chiarire che si tratta di una decisione tutta politica”. Lombardi ha
poi ricordato “che lo scarto tra i sì e i no alla fusione è di appena 325 voti
a favore dei sì e che negli unici due Comuni dove si è raggiunto il quorum
hanno prevalso i no. Perché accanirsi quindi a volere un’unione a cinque e non
limitarsi a un’unione a tre su cui tutti saremmo d’accordo? Forzare le cose
sarà solo un precedente negativo”.
Anche Silvia Noè (Udc) ha dichiarato di
essere a favore dell’istituto della fusione tra Comuni, ma è critica su questa
“che è venuta avanti con una accelerazione sulla tabella di marcia quando
sarebbe servito un processo più lento di assimilazione. Un processo - ha
aggiunto - che ha coinvolto più i vertici delle amministrazioni, che non i
cittadini che subiranno quella che qualcuno chiama fusione e qualcun altro
annessione”. Noè ha richiamato più volte l’aula “alla responsabilità che si
assumerà con il voto odierno, perché l’approvazione del progetto di legge
consentirà di fatto all’1% della popolazione di essere determinante su un
processo irreversibile, che condizionerà tutti i cittadini”.
Di posizione opposta, Monica Donini (Fds), che ha
risposto a Noè di avere ben chiaro quanto sia “denso di responsabilità” ciò che
l’Aula si appresta a votare, ma la
Regione - ha aggiunto - va avanti a fronte di un atto dovuto.
Si potrebbe discutere a lungo - ha detto ancora – “del risultato referendario e
dell’astensionismo registrato, ma la stella polare dei nostri ragionamenti deve
essere la necessità del riordino istituzionale e di fornire, di conseguenza,
alle amministrazioni locali la capacità e gli strumenti per fare fronte ai
nuovi bisogni”. Donini ha ricordato a questo proposito che “la Regione , con la legge 21
del 2012, ha
deciso di compiere un ulteriore salto di qualità sul tema del riordino
territoriale”.
Nessuno si è inventato o ha stabilito in forma privata
l’iter di questo provvedimento, - ha sottolineato Stefano
Bonaccini (Pd) - “il risultato, al contrario, è stato deciso da un
referendum che non ha avuto un esito plebiscitario, ma una maggioranza
risicata, che deve avere rispetto”. Ci sarà poi il momento di “un maggiore
coinvolgimento quando dovrà essere steso lo statuto, si dovranno decidere le
priorità, le sedi dei servizi comunali, ecc”. E sarà nei prossimi anni che si
vedrà se aveva ragione chi ha sostenuto questo processo oppure no. “È stata una
scelta coraggiosa in un Paese in cui da decenni si parla di riordino
territoriale, ma nessuno ha avuto il coraggio di farlo”.
Per Galeazzo Bignami (Pdl), al contrario, il Pd ha
puntato “eccessivamente” su questo processo e ha scommesso su un plebiscito che
non c’è stato. Bignami ha parlato anche di un iter “barcollante”: il
centro-destra - ha aggiunto - non è contrario alle fusioni, a patto, però,
che non si tratti di operazioni imposte, finalizzate a forzare le
amministrazioni locali. In questo caso, a parere del consigliere, ci sono state
forzature, forse “per assecondare la modesta volontà di potenza del segretario
provinciale del Pd”.
Sul tema riforme sì o no, la vicepresidente della
Giunta, Simonetta Saliera, concludendo il dibattito, ha detto che “le
riforme sono molto difficili e complicate da perseguire, soprattutto dove non
c’è tensione al cambiamento”. In particolare in periodi di crisi, quando le
amministrazioni possono molto meno e i cittadini rischiano di isolarsi. C’è
quindi la necessità di una politica che sappia affrontare i processi di riforma
che garantiscano la sostenibilità e il mantenimento di servizi sul territorio e
occorre cambiare culturalmente, rassicurando la comunità con una credibilità
forte delle istituzioni, che sappia rispondere ai bisogni. Saliera ha poi
ribadito l’obiettivo di dare servizi, di sostenerli e di far capire che questi
sono processi inevitabili, non da imporre, ma là dove partono per volontà delle
amministrazioni locali possano trovare la Regione disponibile. La discussione - ha poi
aggiunto - non si esaurisce qui, ma il livello non dovrebbe essere quello della
contrapposizione ma di valutazione reale dei benefici che si possono
raggiungere. Dunque, l’esito referendario non è la fine del confronto, al
centro ora c’è la sostenibilità del processo e qui l’apporto finanziario della
Regione potrà essere utile per capire come fare sistema anche in termini di
semplificazione complessiva .
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