Dopo la pubblicazione del post del 6 marzo su questo blog,
con la notizia che un processo che aveva fatto molto discutere a Monzuno era
giunto al suo epilogo, le due querelanti Gironi Ramona e Parisini Claudia hanno inviato una nota, per rispondere a quelle che, a loro
avviso, sarebbero “alcune inesattezze” contenute nel post. Lo facciamo ben
volentieri, non solo per una questione di “par condicio” tra le due parti
coinvolte nella vicenda, ma anche per dare una migliore informazione ai nostri
lettori. Nella loro nota, Gironi e Parisini sostengono “di non avere mai
intentato alcun processo nei confronti del Sig. Germano Tonelli, anzi; le
sottoscritte hanno infatti sporto denuncia-querela contro ignoti a seguito
della quale la Procura
della Repubblica ha ritenuto di dover procedere nei confronti del Sig. Tonelli
e del Sig. Dionisi. Successivamente siamo state citate in qualità di testi.”
Questa affermazione però non concorda col dispositivo di sentenza,
che in apertura
riporta testualmente: “Le sigg.re Gironi
Ramona e Parisini Claudia si sono costituite parti civili”. E’ ovvio
infatti che, senza costituirsi parti civili, non ci sarebbe stato processo.
Quindi non si vede dove sia l’inesattezza. Resta quindi da capire, se la
querela era “contro ignoti”, come avrebbe fatto
La nota inviata da Gironi e Parisini ci chiede anche di
evidenziare che l’assoluzione di Tonelli è ai sensi dell'art. 530 co. 2° c.p.p.
ovvero (citiamo quanto riportato nella nota di Gironi-Parisini) “Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione
anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto
sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che
il reato è stato commesso da persona imputabile”, che è, sostengono sempre Gironi
e Parisini, “ipotesi molto diversa dall’assoluzione
per non aver commesso il fatto” come dichiarato nel post. Effettivamente la
sentenza afferma che l’assoluzione è ai sensi dell’art. 530 comma 2° del C.P.P.,
anche perché la presunta prova di colpevolezza dipendeva dalla registrazione di
pessima qualità fatta da una telecamera
installata dentro un bar. Ma è anche vero che l’unica formula usata, e per ben
due volte, nel dispositivo di sentenza, per motivare l’assoluzione sia di
Tonelli che di Dionisi, dice testualmente “per
non aver commesso il fatto”. Ci pare di poter escludere che il giudice che
ha redatto il dispositivo della sentenza si sia confuso sulla formula più
corretta da usare, e non essendovi nel dispositivo altre formule all’infuori di
questa, l’abbiamo ripresa tale e quale nel post. Anche qui, se c’è inesattezza
semmai è del giudice, che poteva usare una motivazione diversa e non l’ha fatto, e non nostra. Nella nota si
chiede infine di evidenziare che il “processo
squisitamente politico“, di cui si parla nel post, (ma lo fa Tonelli in una
sua valutazione dopo l’assoluzione, n.d.r.) “sono
state più le sottoscritte a subirlo viste le tante accuse rivolteci di aver
orchestrato manovre politiche in accordo con l’amministrazione del comune di
Monzuno”. E noi lo evidenziamo, sempre per completezza d’informazione.
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